"La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento."
PRINCIPIO AUTONOMISTA
Pur confermando il caposaldo dell’unità ed indivisibilità della Repubblica, rimasto immutato anche dopo la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 che dispone principi posti a salvaguardia dell’unità giuridica ed economica della Repubblica, la Costituzione italiana afferma il principio dell’autonomia degli enti locali territoriali. Pertanto, anche se i poteri più rilevanti sono esercitati dallo Stato centrale, con la Costituzione si riconosce il valore dell’autonomia e dell’autogoverno di realtà preesistenti, come i comuni, ed enti introdotti dalla Costituzione medesima, come le Regioni, rispetto ai problemi di carattere locale.
Glossario:
Enti pubblici territoriali o enti locali:
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Organizzazioni che curano gli interessi e promuovono lo sviluppo delle comunità dei territori che rappresentano. Per Enti Locali si intendono i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane, le unioni di comuni e le Regioni. Ente=organizzazione di persone e mezzi volti alla realizzazione di uno scopo comune Pubblico=le finalità perseguite dall’ente hanno carattere di interesse collettivo Territoriale/Locale= il potere di tali enti è esercitato nell’interesse e nei limiti del territorio loro assegnato |
Autonomia |
dal greco autòs (da sé) e nòmos (legge); indica che gli enti pubblici territoriali (Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni) possono emanare proprie norme giuridiche (i regolamenti e anche leggi nel caso delle Regioni) efficaci nei rispettivi territori. |
Autogoverno |
“Non si tratta solo di portare il governo alla porta degli amministrati, con un decentramento burocratico e amministrativo … si tratta di porre gli amministrati nel governo di se medesimi” 1 |
Decentramento |
Attribuzione di poteri decisionali e compiti ad organi diversi da quelli centrali. Ciò favorisce una maggiore efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa. |
Principio di sussidiarietà |
Le funzioni e i compiti devono essere affidati alle autorità territorialmente più vicine ai cittadini, quali portatori di interessi meritevoli di tutela; agli organi di grado superiore devono essere lasciate quelle competenze che, per loro natura, non possono essere svolte localmente. |
Principio di differenziazione |
Nel distribuire funzioni agli enti territoriali locali, il legislatore deve tener conto delle diverse e particolari caratteristiche (demografiche, strutturali, organizzative) dei vari livelli di governo |
Principio di adeguatezza |
L’ente al quale vengono conferiti compiti e funzioni deve essere dotato di una organizzazione in grado di garantirne l’esercizio |
Potere di intervento sostitutivo |
Facoltà dello Stato di sostituirsi a Regioni ed enti locali territoriali, quando questi non siano adempienti rispetto alle loro funzioni e compiti (art. 120 Cost.) |
Statuto |
È un atto normativo fondamentale degli enti pubblici territoriali, che disciplina l’organizzazione e il funzionamento delle autonomie locali e pone le linee fondamentali rispetto ai rapporti con i cittadini |
1 Relazione dell’on. Ruini al progetto di Costituzione, durante i lavori preparatori.
Approfondimenti
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
Sussidiarietà (deriva dal latino “subsidium”, che vuol dire “aiuto”) significa che le competenze e le funzioni pubbliche devono essere attribuite agli enti di governo più vicino ai cittadini, rispetto al centro; lo Stato deve intervenire soltanto quando i livelli inferiori non sono in grado di operare.
È l’art. 118 della Costituzione, nel testo riformato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, che accoglie in pieno il suddetto principio, quando stabilisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni “salvo che per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato”.
Viene, quindi, introdotto il concetto di sussidiarietà verticale che dalla base dell’organizzazione politica locale (il Comune) sale verso l’alto (gli enti di maggiore estensione: Stato e U.E.). Le funzioni amministrative spettano tutte e, in primo luogo, ai Comuni, salvo quelle che, per ragioni di adeguatezza organizzativa o funzionale, siano attribuite ad altri enti di livello superiore.
Contestualmente è riconosciuto il principio di sussidiarietà orizzontale, che regola i rapporti fra gli enti pubblici e i privati (e, soprattutto, con le organizzazioni sociali quali, ad es. quelle di volontariato). Per effetto di esso è previsto che gli enti pubblici subentrino ai privati e a quelle organizzazioni sociali soltanto nell’ipotesi in cui questi ultimi non siano in grado di svolgere funzioni di interesse generale.
La nuova organizzazione territoriale della Repubblica, in base alla quale essa è costituita da Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni e Stato (art. 114), configura una struttura che accoglie il principio della sussidiarietà verticale.
LE ORIGINI DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
L’ importanza del principio di sussidiarietà può essere compreso a partire dal contesto storico-sociale nel quale è sorto:
· la dottrina sociale della Chiesa cattolica romana: si trovano tracce già in autori quali, per esempio, San Tommaso d'Aquino e Dante. In tempi più recenti, di esso parla nella Rerum Novarum (1891) di Leone XIII e, in particolare, nell’enciclica papale Quadragesimo anno di Pio XI (1931)[1]
· il ripensamento dello Stato sociale in Germania negli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, determinato dalla sua crisi e dagli sprechi, dall’elaborazione di strategie alternative all’intervento diretto dello Stato, divenuto nel tempo inefficace in ambito sociale
· i dibattiti politici tesi al raggiungimento soddisfacente degli obiettivi di libertà e democrazia, massima espressione di uno Stato socialmente avanzato, dove l’uomo è al centro dell’attenzione
· Il Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) riconosce che il principio di sussidiarietà è la direttrice fondamentale che guida il processo di formazione dell'Unione Europea[2]
· Art. 118 Cost.: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.”
[1] "... siccome non è lecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare.". Ne deriverebbe "… un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società…" poiché "… l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium afferre) le membra del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle. " Di conseguenza, "… è necessario che l'autorità suprema dello Stato rimetta ad assemblee minori ed inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minore importanza" […] " per poter "eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei sola spettano [...] di direzione, di vigilanza, di incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità."
[2] All’art. 5/2 il Trattato CE (Trattato istitutivo CEE 1957) recita quanto segue: “Nelle materie che non sono di sua esclusiva competenza, la Comunità agisce quando gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario".