Il Furto della Pala del Guercino


La Vicenda

Nell’agosto 2014 viene trafugata a Modena, dalla chiesa di San Vincenzo, la preziosa pala del Guercino “Madonna coi santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo”. Ad accorgersi del furto è proprio il parroco don Gianni Gherardi: la chiesa, situata in pieno centro, in corso Canalgrande, la cui apertura è prevista solo la domenica in occasione della Messa, viene trovata aperta giovedì 13 agosto.

Era presente un impianto d’allarme all’interno della parrocchia, allestito su finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, ma dati gli alti costi di gestione, una volta cessati i finanziamenti, era stato spento. L’allarme era dunque inattivo e intervistato a riguardo Stefano Casciu, direttore della Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia, ha dichiarato l’impossibilità di tutelare tutto l'immenso patrimonio artistico del territorio date le possibilità economiche di cui gode.

In un primo momento il prefetto di Modena, Michele di Bari ha convocato in prefettura il sindaco e il presidente della provincia di Modena, l’arcivescovo, il procuratore capo e il soprintendente ai beni artistici della citta in un vertice al fine di individuare strategie per proteggere le opere d’arte e i beni sacri di valore attraverso “una completa mappatura delle opere di maggior rilievo e la predisposizione o il rafforzamento delle misure di difesa passiva nei luoghi dove sono custoditi”. Le indagini sono state affidate alla Procura emiliana e ai carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio, oltre che ai Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche). Nonostante non ci siano telecamere puntate direttamente sugli accessi alla chiesa, è stato reso pubblico che sarebbero stati analizzati i filmati delle telecamere di sicurezza della zona di Canalgrande e che sarebbero stati controllati i tabulati telefonici presenti nell’area. Dati il cotesto cittadino del centro storico, l’attiguità al Tribunale e Procura della Repubblica, le ampie dimensioni della tela e della spessa e pesante cornice, le forze dell’ordine hanno ipotizzato che si trattasse di un gruppo criminale composto da più figure esperte: “le modalità con cui è stato compiuto lasciano supporre un alto profilo criminale degli autori ed una possibile committenza di elevato livello.“ Ha dichiarato il coordinamento delle Forze di polizia. Da considerare è anche che la chiesa si trova in una zona a traffico limitato, per cui sarebbe stato facile risalire alla targa del veicolo con il quale, secondo gli inquirenti, sarebbe stata traportata la tela.

L’incommensurabile valore della tela e la sua notorietà, inoltre, non rendono possibile collocarla sul mercato: "è un'opera fuori mercato che non può essere, in nessuna forma, nemmeno parziale, piazzata con facilità, sia pure illecitamente, né presso privati né tantomeno presso istituti museali italiani o stranieri". Ha dichiarato Casciu. Nonostante ciò non è stata esclusa nessuna pista, gli inquirenti hanno ipotizzato in un primo momento, che potesse trattarsi di un furto a opera della mafia, come nel caso della Natività di Caravaggio, o che l’opera avesse potuto intraprendere percorsi stranieri nel mercato illegale delle opere d’arte. Successivamente gli investigatori hanno seguito piste in Francia e in Inghilterra.

A febbraio 2017 la tela viene ritrovata in Marocco, a Casablanca, per merito della segnalazione di un collezionista: Era stata offerta in vendita da tre ricettatori a un ricco imprenditore marocchino che, riconosciuto il valore dell'opera, aveva denunciato i falsi mercanti d'arte che sono stati arrestati. Qualche ora dopo la segnalazione, l'autenticità dell'opera ritrovata viene confermata dalla Procura di Modena, la quale ha dichiarato: “si conferma con la massima soddisfazione, che il quadro rinvenuto in Marocco, e del cui rinvenimento si ha avuto comunicazione nella serata del 15 febbraio, attraverso canale Interpol, è l'olio su tela raffigurante 'Madonna con i Santi Giovanni evangelista e Gregorio Taumaturgo'... trafugato a Modena nella chiesa San Vincenzo, tra il 10 e il 14 agosto 2014".

Ad aprile 2017 su mandato di cattura internazionale emesso dalla polizia di Casablanca, gli agenti della squadra mobile di Modena arrestano il marocchino Mustapha Tahir, operaio regolare, residente nella palazzina che confina con la chiesa di San Vincenzo. E' accusato dal Tribunale di Casablanca del reato di associazione criminale finalizzata alla ricettazione, che in Marocco è punibile con 20 anni di carcere. Tahir è infatti ritenuto l’esecutore materiale del furto e colui che ha poi spedito la tela in Marocco.

Condotto al carcere modenese di Sant’Anna, Tahir attenderà la decisione in merito all’estradizione. La procedura prevede infatti, che gli atti dell'autorità giudiziaria marocchina vengano trasmessi alla procura generale della corte d'appello di Bologna, che valuterà la congruità del caso rispetto al sistema processuale italiano. Successivamente, qualora fosse accettata la richiesta di estradizione, l'uomo verrà estradato entro 30 giorni in Marocco.

A luglio 2017 Mustapha Tahir rende piena confessione dinanzi all’allora procuratore capo di Modena Lucia Musti, al pm titolare dell’indagine Claudia Ferretti e al proprio legale, l’avvocato Domenico Ippolito. Durante l‘interrogatorio il reo confesso si assume la piena responsabilità del colpo, affermando quindi di non aver avuto alcun complice: dopo aver trafugato la celebre opera d‘arte, Tahir l’avrebbe arrotolata in un tappeto, per poi spedirla in Marocco. Tale azione avrebbe provocato il danneggiamento di gran parte della tela, essa ha infatti perso il 30% della pellicola pittorica. Il quadro è stato quindi consegnato ai laboratori dell’ISCR (Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro) di Roma, sotto la direzione di Carla Zaccheo, al fine di curare i notevoli danni riportati durante il furto.

A seguito del restauro, la tela è stata esposta dal 3 maggio al 4 luglio in Quirinale, nella mostra organizzata per festeggiare il cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri, quel particolare gruppo che si occupa in primis di opere d'arte trafugate e da proteggere. E’ stata poi esposta nella sala del Bernini alla Galleria Etense: alla presentazione dell’opera restituita alla città hanno partecipato anche la direttrice delle Gallerie Estensi Martina Bagnoli; Monsignor Giuliano Gazzetti, vicario generale dell’Arcidiocesi di Modena e Nonantola; il colonnello Alberto Deregibus, del Nucleo tutela patrimonio artistico dei Carabinieri; Luigi Ficacci, direttore dell’Istituto superiore di conservazione e restauro; Cristina Ambrosini, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Durante l’occasione il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli ha dichiarato: “Noi modenesi possiamo avere un’arma di difesa del patrimonio storico artistico e culturale che abbiamo ereditato dai nostri predecessori e siamo tenuti a conservare, valorizzare e incrementare. È la diffusione della conoscenza attraverso un’idea di cultura viva e vivace, uno strumento fondamentale che rende la comunità coesa e radicata nei suoi valori e può dare un senso pieno all’idea che il patrimonio artistico sia davvero patrimonio di tutti i cittadini. Il nostro impegno in questo senso – ha concluso il sindaco – deve proseguire e crescere ancora, dalle scuole dei più piccoli all’Università, dalle associazioni culturali e no, fino agli Istituti culturali e ai Musei. Far conoscere per imparare ad amare, far proprio collettivamente e individualmente, riconoscere e riconoscersi nei simboli che han connotato e segnano il nostro civile stare insieme”.

L’11 novembre la celebre pala è stata finalmente riportata alla chiesa di San Vincenzo.

Per quanto riguarda il processo a carico di Tahir, durante l’interrogatorio l’uomo ha dichiarato di essere sempre stato a conoscenza dell’importanza del quadro, ma di non aver avuto idea del suo effettivo valore, appreso solo poi successivamente dai media. Secondo la sua testimonianza, inoltre, avrebbe subito pressioni importanti da parte dei quattro connazionali e complici arrestati in Marocco affinchè mettesse a segno quel colpo. A novembre 2017, a seguito del ricorso presentato dall’avvocato difensore del reo confesso, la corte d’appello ha dichiarato che Mustapha Tahir non sarà estradato in Marocco come richiesto dalle autorità marocchine, poiché non sussistono le condizioni per l’estradizione.

 

A febbraio 2019 si è concluso il processo a carico di Tahir con il patteggiamento a due anni di pena con la condizionale: la pena rimarrà dunque sospesa per cinque anni a condizione che il reo non commetta un altro reato. Nel caso in cui però egli si macchi di un altro reato, a determinate condizioni, sconterà sia la vecchia pena sospesa sia quella inflitta per il secondo fatto illecito.

 

 


Analisi e descrizione de "La madonna in trono con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo"

“Madonna in trono con i Santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo” di

Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, è un dipinto ad olio su tela del

1629, conservato nella Chiesa di San Vincenzo, Modena, di dimensioni 283x185

cm. L’opera fu eseguita per gli Estensi, commissionata da Alfonso IV, padre di

Francesco I, come ex-voto per aver superato una malattia. All'apice del successo

professionale il Guercino accettò l’incarico e la sua opera fu destinata alla chiesa

dei Teatini. Collocata nel secondo altare di destra il 17 novembre 1630 in

occasione della festa di S. Gregorio Taumaturgo, la pala fu poi trasferita

nell'attuale collocazione, ovvero la prima cappella di sinistra. Il dipinto è a tema

religioso e rappresenta la Madonna in trono (priva di segni tipicamente

caratterizzanti come i serpenti sotto ai piedi, le rose o il bambino Gesù)

sostenuta da alcune nuvole, che sovrasta San Giovanni Evangelista e San

Gregorio Taumaturgo. Con lo sguardo e con la mano indica verso il basso, dove

la scena è occupata da San Giovanni Evangelista, intento a mostrare una

pergamena con la preghiera del Credo a San Taumaturgo, santo protettore degli

ammalati, con i suoi abiti da diocesi. Ai due angoli opposti del dipinto ci sono, in

alto, un putto e in basso, un grosso rapace scuro. Tra i due santi si intravede in

lontananza una città e un frammento di cielo azzurro. L’abilità dell’artista si legge

dal magistrale uso della luce, che mette in rilievo i personaggi, e dal panneggio

degli abiti che aumenta il volume e mostra un eccellente lavoro di chiaroscuro. I

personaggi sono molto realistici ed espressivi, soprattutto nelle pose del corpo e

delle mani. Si può notare un incrocio cromatico tra il colore freddo dell’abito di

San Giovanni Evangelista e il mantello della Madonna, e tra il colore caldo del

mantello di San giovanni evangelista è l’abito della Madonna. Altri due colori

largamente impiegati sono il bianco e l’oro.

Infine, possiamo dire che i personaggi rappresentano dei modelli di

comportamento per i fedeli.


Il restauro

Il restauro del Guercino pone un tema di conflitto tra culto e cultura della tutela.

Il dipinto fu affidato dal Magistrato in custodia giudiziale, per eseguire i lavori di

conservazione e restauro il 15 settembre 2017, al direttore dell’Istituto Superiore

per la Conservazione e il Restauro.

L'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ISCR), istituito con DM del

7 ottobre 2008, è un organo tecnico del Ministero per i beni e le attività culturali

specializzato nel campo del restauro e della conservazione delle opere d'arte e del

patrimonio culturale. E' stato fondato nel 1939 su suggerimento di Giulio Carlo

 

Argan e fin dai suoi inizi la consapevolezza della interdisciplinarietà come

fondamento di una corretta e precisa pratica del restauro è stato il suo principale

sistema di lavoro. L’Istituto ha realizzato diversi lavori su importanti opere del

Guercino dagli anni Sessanta a oggi, tra i quali la Madonna in trono col Bambino,

San Pietro e San Paolo, i tre dipinti a olio su tela della collezione Doria Pamphilj

(San Girolamo, Figliol prodigo, San Giuseppe), e infine l’importante restauro del

San Francesco.

Il Guercino ritrovato, conservato ora in San Vincenzo a Modena, reca ancora le

cadute della pellicola pittorica (effetto del trafugamento e del maldestro

trasferimento all'estero), rese anzi evidenti dall'impiego di una tinta neutra. Scelta

ben pensata dall'ISCR, fondata sul doveroso rispetto della vicenda drammatica

della tela, ormai caratterizzante la storia dell’opera, e dall'insufficienza di dati

disponibili per riuscire a operare un corretto restauro.