Tra meno di una settimana ci sarà il referendum costituzionale dove tutti gli italiani saranno chiamati a votare.
Noi, per aiutarvi, a farvi un'idea abbiamo intervistato due giuristi, uno favorevole alla Riforma, l'altro contrario.
Per il "Sì" è stato scelto dalla redazione il Professor Salvatore Vassallo, Ordinario di scienze politiche all'Università di Bologna e politico; il "No", invece, è rappresentato da uno dei Costituzionalisti più importanti d'Italia, il Professor Saverio Regasto.
Cosa ne pensa della riforma costituzionale?
Penso che sia il risultato di molti anni di analisi, dibattiti e discussioni tra esperti e politici impegnati su questo tema. E’ la traduzione di un’opinione largamente condivisa, almeno nelle espressioni pubbliche , da un ampia parte dei membri della dottrina "costituzionalistica" e degli studiosi di politica comparata così come dalle forze politiche, di riformare la nostra Carta fondamentale, nella parte istituzionale. Sin dai tempi della Costituente, e immediatamente dopo, c’è sempre stata l’idea che il nostro sistema bicamerale presentasse qualche anomalia, forse giustificabile nell’immediato dopoguerra e in relazione al contesto storico-politico nel quale fu approvata la Costituzione, ma evidentemente non in linea, per qualche ragione, con le altre democrazie parlamentari. Per dimostrarlo basti considerare due semplici dati di fatto. Il primo è che il nostro Parlamento ha il maggior numero di parlamentari elettivi a tempo pieno del mondo: siamo terzi dopo l’Assemblea del popolo cinese (3000 parlamentari) e dopo il Parlamento britannico (per il semplice fatto che la sua Camera Alta è composta da 800 Lord a vita che, tuttavia, non sono parlamentari a tempo pieno). Del resto tali casi sono “straordinari”. La seconda considerazione nasce dal fatto che il nostro sistema bicamerale è l’unico, ad eccezione della Romania, in cui il Senato dà e toglie la fiducia al Governo. In tutti i Paesi caratterizzati dalla forma di governo parlamentare il rapporto fiduciario intercorre, esclusivamente, fra una sola Camera e il Governo.
Tali questioni furono sollevate dal presidente Napolitano quando, dopo la sua rielezione, disse alle Camere: “Voi sapete quali sono i due problemi dell’Italia: la legge elettorale (Calderoli) e il superamento del bicameralismo paritario, perché è a causa di questi nodi, se continueremo ad avere risultati elettorali indecifrabili”. Questo è il punto chiave della riforma, pertanto penso che sia una buona legge e, finalmente, dopo trent’anni di discussioni, sembra che siamo arrivati alla svolta decisiva.
2) Su quali punti della Riforma Boschi nutre eventuali dubbi o perplessità?
Credo che alcuni elementi siano sopravvalutati. Tuttavia, io non penso ,come alcuni sostengono, che la riforma sia scritta male o sia pasticciata. Ritengo che queste affermazioni provengano o da persone che abbiano un pregiudizio negativo oppure da coloro che non hanno letto con sufficiente attenzione il testo della riforma. Se l’avessi scritta io, avrei evitato di attribuire le stesse immunità delle quali godono i deputati, ai senatori perché in fondo essi, nel nuovo ordinamento, svolgono una continuazione della loro attività di consiglieri regionali e sindaci, quindi, non trovo giustificabile che siano coperti da queste prerogative, sebbene svolgano un ruolo legislativamente importante, giacché il Senato mantiene pieni poteri normativi sulle revisioni costituzionali.
3) Cosa accadrebbe se vincesse il no?
Come analista, direi che, se vincesse il “no”, noi ci ritroveremo con un sistema politico con qualche difficoltà a reggere la stabilità governativa nell’arco di uno o due anni successivi alla votazione. Non si dimentichi che, in questa fase della vita del Paese la governabilità è indispensabile.
1) Cosa ne
pensa dell
a Riforma Boschi?
La riforma Boschi è mal scritta, infatti ci sono diversi punti rispetto ai quali non sono d’accordo, in particolare l’articolo 70, nella nuova versione, prevede la possibilità, per la Camera e, talvolta, anche per il Senato, di ricorrere a 10 tipologie di procedimenti legislativi totalmente differenti. Inoltre, mi pare che rispetto alle maggioranze proposte in merito al referendum abrogativo siano indicate soluzioni piuttosto arzigogolate. Infine, tale riforma tende a creare un neo-centralismo statale eliminando la competenza legislativa concorrente e, soprattutto, spostando verso lo Stato tutta una serie di competenze che prima appartenevano anche alle Regioni.
2) Se Le avessero conferito l’incarico di scrivere questa Riforma, come avrebbe modificato la Carta Costituzionale?
Io avrei proposto la riduzione e il dimezzamento dei parlamentari in entrambe le Camere; avrei inserito il superamento del bicameralismo perfetto attribuendo alla Camera, in via esclusiva, il compito di dare o togliere la fiducia al governo; avrei risolto il fenomeno legislativo della navetta nei seguenti termini: avrei affidato il potere legislativo alla Camera, tuttavia al Senato avrei conferito il potere di deliberare su proposte di legge, qualora lo avesse richiesto la maggioranza assoluta dei suoi membri; il Senato avrebbe dovuto approvare tali progetti entro 50 giorni e, infine, la Camera avrebbe potuto riapprovare il testo cosi come votato dal Senato oppure un testo diverso. Il voto della Camera, a quel punto, prevarrebbe e sarebbe definitivo. Ci sarebbero, pertanto, massimo tre passaggi e senza alcuna distinzione di materia. In questo modo il contenzioso di fronte alla Corte Costituzionale nonché le difficoltà interpretative sulle competenze di Camera e Senato sarebbero tutte superate.
3) Cosa accadrebbe se vincesse il “sì”?
Se vincesse il “sì” il governo ne uscirebbe imbattibile. Temo, tuttavia, che con l’attuale legge elettorale, al vaglio della Corte, e con questo testo costituzionale faremo una gran fatica ad approvare progetti e disegni di legge e ad individuare le competenze di ciascuna Camera.